La prima delle sale affacciate sul Canale è dedicata alle antichità del Museo e al Medagliere. Vi sono esposti una spinetta del 1577 e la settecentesca “goldoniana”, i pezzi più antichi della collezione di strumenti musicali e di quella di costumi teatrali. La spinetta, con alcuni esemplari di fortepiano a tavolo, consente di seguire i primi passi dell’evoluzione del pianoforte.
Manoscritti ed edizioni a stampa illustrano la storia della scrittura e dell’editoria musicale dal XVI al XIX secolo, dal più lontano nel tempo, una pagina di corale in pergamena, fino ai libretti di opere andate in scena nei primi teatri triestini tra ’700 e primo ’800.
È integralmente esposto il Medagliere, una straordinaria raccolta di quasi mille pezzi dedicata alla musica e allo spettacolo. Si compone del Medagliere Schmidl, nucleo originario dovuto al fondatore del Museo e tematicamente diviso in Patrio, Italia ed Estero, e del Medagliere Oblath, acquisito tra 1982 e 1999 e appartenuto a Oscar Oblath, cognato di Giani Stuparich.
La spinetta
Si tratta di un modello di spinetta “all’italiana”, che si differenzia dagli strumenti di origine nordica per la sua forma poligonale invece che rettangolare. Le dimensioni ridotte e la mancanza di un supporto lo rendevano maneggevole e trasportabile, facilmente utilizzabile in ambito domestico. È lo strumento più antico della collezione del Museo.
La “goldoniana”
Costume teatrale, forse destinato a una commedia goldoniana. Cucito interamente a mano, è composto da: abito o velada in tessuto operato di seta marrone-oro con ricami in filo di seta; gilet in gros di seta, ricamato a mano con filo di seta; braghe in tessuto di cotone operato marrone-oro e foderate in lino.
Il fortepiano Rausch
Sono rarissimi gli strumenti superstiti di Franz Rausch. Attivo a Vienna tra il 1819 e il 1865, costruì i suoi fortepiani negli stessi anni in cui operavano nella capitale asburgica i più celebrati costruttori viennesi del primo ’800. Lo strumento racconta un capitolo importante della storia musicale di Trieste, essendo appartenuto a Luigi Ricci, operista napoletano attivo in città nella prima metà dell’800. Ricci stesso lo donò al conte capodistriano Stefano Rota, musicista e poeta coltissimo. Egli lo avrebbe successivamente donato al critico musicale istriano Gian Giacomo Manzutto, che ne fece a sua volta dono a Carlo Schmidl nel 1930.
I libretti sette e ottocenteschi
Ginevra di Scozia, dramma eroico per musica, era stato commissionato a Johann Simon Mayr su libretto di Gaetano Rossi per l’inaugurazione del Teatro Nuovo (oggi Teatro Verdi) di Trieste. Andò in scena il 21 aprile 1801.
Le edizioni antiche
La biblioteca del Museo, che ha tratto origine dalla collezione personale di Carlo Schmidl oltre che dai fondi provenienti dal Fondaco Vicentini, dispone anche di una preziosa sezione di edizioni antiche, alcune delle quali risalenti al XVI secolo.