Il piano a cilindro
L’uso del cilindro chiodato applicato a strumenti musicali, orologi e automi di vario genere risale all’antichità classica e vide il suo apogeo in Europa durante l’epoca dell’Illuminismo. Nel 1820 la ditta di pianoforti Collard & Clementi, con sede in Inghilterra, inserì il cilindro all’interno di un pianoforte, al posto della tastiera. Il cilindro era generalmente fornito di dieci brani musicali, elencati su un fianco del mobile. Lo strumento era facilmente suonabile con immediata soddisfazione ed era trasportabile. Caricato sui carretti, veniva portato nelle strade, nelle piazze, nelle campagne. Si diffuse nelle grandi città e nei piccoli paesi. Lo si trovava nelle case private e nei locali pubblici, dove lo si azionava anche per ballare.
Rulli perforati per pianola e autopiano
Nelle collezioni del Museo sono conservati più di 700 supporti di questi tipo. Uscivano da fabbriche dislocate in Europa (Germania, Spagna, Francia) e negli Stati Uniti. In Italia venivano prodotti dalla F.I.R.S.T. (Fabbrica Italiana di Rulli Sonori Traforati), che possedeva l’esclusiva di tutte le musiche pubblicate dalle case editrici Ricordi e Sonzogno.
Il reed organ
Dagli anni ’60 dell’800 iniziò in America la produzione di semplici strumenti ad ancia libera, adatti ad accompagnare il canto nelle case e soprattutto nei luoghi di culto. In quegli anni, gli scozzesi William e Robert Bell avviarono una piccola produzione di melodiums o melodeons, un elementare armonium che avrebbe assunto, dopo un’evoluzione ventennale, l’aspetto imponente di un organo: il reed organ. Il termine reed indica la canna che mette in vibrazione un’ancia libera (come avviene nella fisarmonica). Lo strumento viene sostenuto da un motore di aspirazione esterno. Venne esportato in Nuova Zelanda, Australia, India e nelle varie regge d’Europa, Italia, Spagna e anche presso il Sultano di Turchia.